LA COMMEDIA GRECA
La commedia nacque contemporaneamente alla tragedia e le sue origini non sono meno oscure. In Attica, nel secolo V si sviluppò in varie scene, intercalate da intermezzi corali, e assunse un carattere di sbrigliata, fantasiosa comicità non disgiunta da un continuo richiamo alla realtà del momento e alla satira politica, religiosa, artistica, di costume.
Come genere letterario la commedia nacque sicuramente in Grecia; la prima rappresentazione documentata, infatti, risale alle Dionisie del 486 a.C.. Pochi sono gli elementi della sua genesi; nel VI secolo sicuramente esistevano i komodoi (canti del villaggio), basati sull'improvvisazione e sullo scambio di battute, probabilmente salaci e provocatorie, tra un solista ed un coro. In pratica i "canti del villaggio" assomigliavano molto ai "versi fescennini" che sono alle origini della letteratura latina. Ai canti del villaggio appartenevano i phallikà (canti fallici).
Aristotele afferma che questo genere di rappresentazioni, che sostituirono le forme attiche tradizionali dell'invettiva e della satira, giunsero in Attica portati dai coloni greci della Sicilia ed indica in Epicarmo l'inventore della Commedia.
La Commedia Attica si divide in tre periodi: antica, di mezzo e nuova. Bisogna però dire che parecchi filologi moderni hanno negato una vera commedia di mezzo e le opere già assegnate ad essa, a seconda dei casi, hanno riportato all'antica o alla nuova; altri, invece, per non ammettere un passaggio brusco dall'una all'altra, mettono appunto un periodo di transizione o di mezzo. Comunque, non essendoci giunta niente dal periodo di mezzo, forse è meglio distinguere la Commedia in sole due fasi. Con la Commedia antica trattiamo specialmente Aristofane, unico di cui abbiamo delle opere, senza dimenticarci degli altri conosciuti e dei quali purtroppo abbiamo solo titoli e frammenti, come, ad esempio, Cratete di Atene, vissuto verso la metà del V secolo, di cui ci restano frammenti di una commedia "Le bestie".
Nel IV secolo si sarebbe giunti alla fase di mezzo. Ormai le condizioni politiche erano cambiate, quella libertà di parola tolta: ora non si può fare neppure satira culturale e si prendono di mira i miti; molto lontanamente possiamo paragonare queste commedie all'Anfitrione di Plauto. Della commedia di mezzo, come abbiamo già detto, non ci è rimasto niente.
Con la Commedia Nuova, invece, abbiamo una nuova fase, indipendente dalla precedente, con nuovi contenuti; con accorgimenti tecnici che sono quelli di alcuni drammi di Euripide: i drammi della sorte ed il lieto fine. La commedia approda ad un tipo di comicità diverso. Cambia la schema di base ed ora viene rappresentato il mondo che oggi diremmo borghese, mentre fanno l'apparizione sulla scena tipi fondamentali (come il vecchio avaro o il servo scaltro) buoni per ogni epoca ed ogni società . Questa evoluzione è dovuta soprattutto alla crisi della polis e quindi alla fine della libertà politica. Il teatro diventa per l'individuo luogo di evasione o addirittura di riflessione.
Dei poeti non ci possiamo fare nessuna idea completa, eccetto che di Menandro del quale siamo bene informati. Per il resto, conosciamo Filemone, Difilo (Sinope ca 369 a.C. - Smirne ca. 280 a.C.), poeta molto realistico e autore di un centinaio di commedie di cui restano frammenti e 50 titoli. Anche di Apollodoro di Caristo (che sarà imitato da Terenzio) e di Sosifane non abbiamo che pochi frammenti e titoli.
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editus ab
La commedia nacque contemporaneamente alla tragedia e le sue origini non sono meno oscure. In Attica, nel secolo V si sviluppò in varie scene, intercalate da intermezzi corali, e assunse un carattere di sbrigliata, fantasiosa comicità non disgiunta da un continuo richiamo alla realtà del momento e alla satira politica, religiosa, artistica, di costume.
Come genere letterario la commedia nacque sicuramente in Grecia; la prima rappresentazione documentata, infatti, risale alle Dionisie del 486 a.C.. Pochi sono gli elementi della sua genesi; nel VI secolo sicuramente esistevano i komodoi (canti del villaggio), basati sull'improvvisazione e sullo scambio di battute, probabilmente salaci e provocatorie, tra un solista ed un coro. In pratica i "canti del villaggio" assomigliavano molto ai "versi fescennini" che sono alle origini della letteratura latina. Ai canti del villaggio appartenevano i phallikà (canti fallici).
Aristotele afferma che questo genere di rappresentazioni, che sostituirono le forme attiche tradizionali dell'invettiva e della satira, giunsero in Attica portati dai coloni greci della Sicilia ed indica in Epicarmo l'inventore della Commedia.
La Commedia Attica si divide in tre periodi: antica, di mezzo e nuova. Bisogna però dire che parecchi filologi moderni hanno negato una vera commedia di mezzo e le opere già assegnate ad essa, a seconda dei casi, hanno riportato all'antica o alla nuova; altri, invece, per non ammettere un passaggio brusco dall'una all'altra, mettono appunto un periodo di transizione o di mezzo. Comunque, non essendoci giunta niente dal periodo di mezzo, forse è meglio distinguere la Commedia in sole due fasi. Con la Commedia antica trattiamo specialmente Aristofane, unico di cui abbiamo delle opere, senza dimenticarci degli altri conosciuti e dei quali purtroppo abbiamo solo titoli e frammenti, come, ad esempio, Cratete di Atene, vissuto verso la metà del V secolo, di cui ci restano frammenti di una commedia "Le bestie".
Nel IV secolo si sarebbe giunti alla fase di mezzo. Ormai le condizioni politiche erano cambiate, quella libertà di parola tolta: ora non si può fare neppure satira culturale e si prendono di mira i miti; molto lontanamente possiamo paragonare queste commedie all'Anfitrione di Plauto. Della commedia di mezzo, come abbiamo già detto, non ci è rimasto niente.
Con la Commedia Nuova, invece, abbiamo una nuova fase, indipendente dalla precedente, con nuovi contenuti; con accorgimenti tecnici che sono quelli di alcuni drammi di Euripide: i drammi della sorte ed il lieto fine. La commedia approda ad un tipo di comicità diverso. Cambia la schema di base ed ora viene rappresentato il mondo che oggi diremmo borghese, mentre fanno l'apparizione sulla scena tipi fondamentali (come il vecchio avaro o il servo scaltro) buoni per ogni epoca ed ogni società . Questa evoluzione è dovuta soprattutto alla crisi della polis e quindi alla fine della libertà politica. Il teatro diventa per l'individuo luogo di evasione o addirittura di riflessione.
Dei poeti non ci possiamo fare nessuna idea completa, eccetto che di Menandro del quale siamo bene informati. Per il resto, conosciamo Filemone, Difilo (Sinope ca 369 a.C. - Smirne ca. 280 a.C.), poeta molto realistico e autore di un centinaio di commedie di cui restano frammenti e 50 titoli. Anche di Apollodoro di Caristo (che sarà imitato da Terenzio) e di Sosifane non abbiamo che pochi frammenti e titoli.
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